Per il compleanno congiunto di farmaci essenziali ed Alma Ata
Gianni Tognoni
La storia raccontata qui di seguito non si colloca in un passato senza tempo come il titolo sembra suggerire. Sono passati solo 30 anni da quel biennio 1977-78 che era stato il "contenitore" di tre eventi speciali raccolti nello spazio di pochi mesi:
1. la raccomandazione da parte dell'Assemblea Generale dell'OMS di una politica di salute pubblica capace di tradurre nelle storie concrete dei singoli Paesi il pari diritto di tutti gli umani alla salute (Health For All, HFA), in tempi e con scadenze non virtuali o illusorie [for the year 2000]1;
2. la formulazione e la pubblicazione, sempre da parte dell'OMS, del rapporto sui farmaci essenziali, che proponeva una lettura metodologicamente e culturalmente molto interessante (e perciò inevitabilmente altrettanto controversa) della prima grande rivoluzione farmacologica: il giudizio sui farmaci deve incorporare la valutazione della reale trasferibilità del loro profilo di efficacia, sicurezza, costo, alle popolazioni che ne hanno bisogno2;
3. la formulazione e l'adozione della Dichiarazione di Alma Ata sulla "primary care", che traduce in un vero e proprio manuale, culturale ed operativo, la raccomandazione dell'anno precedente sopra ricordata3,4.
Una considerazione disincantata, molto tecnica, dell'importanza unica di questo cluster di eventi rassicura sul fatto che una lettura complessiva di questo tipo non è il prodotto di un "bias da nostalgia" o di ideologia da parte di chi ne è stato contemporaneo e un po' anche attore.
In un mondo che usciva per la prima volta dal tempo della "diseguaglianza coloniale", sembrava "normale" che nel (30esimo!) anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si affidasse alla salute il ruolo di indicatore forte del fatto che i diritti fondamentali dovevano coincidere con la fruizione piena e quotidiana del diritto alla vita, anche attraverso un uso intelligente, e perciò critico, delle tecnologie sanitarie (i farmaci ne erano il modello esemplare).
La sanità nel suo complesso veniva pensata come parte (anche per merito di un Direttore Generale della OMS come H. Mahler) di un grande, lungo, non semplice ma imprescindibile, progetto di ricerca: l'innovazione scientifica doveva misurarsi con una epidemiologia mirata a rendere sempre meglio visibili i bisogni inevasi di salute che (era sempre più chiaro) avevano come fattore di rischio principale la permanente pressione a ritornare ad un tempo di diseguaglianze socioeconomiche (conferma, in altre forme, della colonia al posto della democrazia).
Ciò che è successo lungo i trent'anni ha confermato in pieno il quadro di riferimento diagnostico e prognostico di quel biennio; lo ha fatto, tuttavia, con un esperimento al contrario: negando la possibilità di sperimentare concretamente l'ipotesi di una ricerca in cui l'innovazione tecnologica fosse misurata dalla capacità di rispondere ai bisogni delle maggioranze. La "Comunità Internazionale" ha documentato che la sanità diventa un perfetto indicatore non di diritti, ma di diseguaglianza in crescita permanente. E' perfino imbarazzante l'abbondanza e la coerenza di una letteratura che (soprattutto in nome di e a partire dal "nuovo millennio") insiste sul ruolo centrale della povertà, la dimensione "genocida" della non-accessibilità ai farmaci e alle risorse, il bisogno di un ritorno ad una centralità dei "social determinants of health", l'illegittimità e di fatto la impraticabilità di una logica di puro mercato per rispondere, nel Nord e nel Sud del mondo, ai bisogni di salute, la profonda-crescente ambiguità di una innovazione tecnologica (e farmacologica) che rimanda a sempre nuovi variegati conflitti di interessi.
Il quadro non è pessimistico: è realistico. Non c'è neppure bisogno di documentarlo bibliograficamente, basta prendere una citazione a caso e trovare tutto quello che serve: la letteratura della "constatazione-senza-presa-in-carico" è ripetitiva, e declamatoria5. La salute continua ad essere un indicatore affidabile della società.
"C'era una volta...." l'ipotesi che i diritti delle persone, di tutte e di ciascuna, potessero essere il criterio di riferimento. Le merci hanno preso il posto delle persone: la loro innovazione richiede misure diverse da quelle della epidemiologia e della salute pubblica. E' "normale" che 30 anni facciano una grande differenza: anche se tutt'altro che gratificante rispetto alle aspettative di allora. Forse c'è un augurio da farsi (ed un impegno da prendere?): lavorando in un settore tanto di punta, per quanto riguarda l'innovatività ambigua, come quello dei farmaci, riconoscere lucidamente di essere in un tempo in cui sono le regole di fondo ad essere in gioco al di là dei tanti dettagli: si è perciò provocati ed obbligati ad integrare strumenti e tattiche di "resistenza", o di ripetizione dei principi, con qualcos'altro. E' un po' come per i "farmaci essenziali": l'OMS continua (con una regolarità tanto più stupefacente quanto più sostanzialmente dissociata da una progettualità reale coerente con la evoluzione dei contesti) a proporre versioni sempre aggiornate della "lista dei farmaci", che nel rapporto originale era un'appendice didattica, nient'altro (siamo alla versione 15; ed ora dal 2007, è disponibile una lista pediatrica). Senza una priorità-centralità del quadro di riferimento ("Alma Ata", vedi sopra), le "liste" (dell'OMS, o delle Agenzie, dei sistemi sanitari, dei Bollettini ISDB), sono funzionali solo per "fare la spesa" o monitorarla, "costatandone" la dipendenza dal mercato più che dalla razionalità, chiedendone accoratamente l'appropriatezza, se non per i contenuti, almeno per la compatibilità con le risorse a disposizione.
"C'era una volta...." . Le favole possono essere (anche, e felicemente) tempo-strumento di evasione. Sono però (si dice) soprattutto radici profonde di comprensione di ciò che conta, al di là delle "distrazioni" con le quali la vita costringe a fare i conti. Dicono anche, le favole (e qui il loro messaggio metodologico-scientifico coincide perfettamente con le più elementari, e perciò imprescindibili, regole della ricerca), che al cambiare dei contesti bisogna avere il coraggio e la libertà di immaginare cammini e soluzioni, ri-formulare ipotesi e progetti: sono i più coraggiosi quelli che hanno più probabilità di successo, se non altro perché aprono orizzonti e fanno scoprire altri "cultori di favole", in altri campi.
Quante sono state, lungo 30 anni, "le rivoluzioni farmacologiche" dopo quella prima che aveva portato ai farmaci essenziali? A sentire le persone sagge ogni 5 (o 7? o ...?) anni bisogna fare i conti con un bagaglio conoscitivo nuovo. Chi sa, forse anche questa è una fiaba, anche se di quelle che si lasciano cadere, come una battuta ad effetto, in un discorso o in una conversazione. Forse occorre, come 30 anni fa, ri-prendere e definire il quadro di riferimento della farmacologia.
Non si intravedono Alma Ata sul breve periodo. Anche se è atteso per il 2008 il risultato della Commissione sui Social Determinants of Health (che dovrebbe segnare una sostanziale ripresa di autonomia della OMS dalla Banca Mondiale e dalla Organizzazione Mondiale del Commercio). E quelli più specifici per i farmaci dell'IGWGI (InterGovernmental Work Group on Public Health and Innovation).
Celebrare compleanni che si augurano di "innovare" è in fondo bello. Quasi come una "favola di futuro". E' un augurio anche per l'Assemblea ISDB 2008, in Nicaragua, dove subito dopo quel biennio si fece una rivoluzione, finita un po' come quella dei farmaci essenziali e di Alma Ata: proprio per questo continua ad essere il paese giusto per rappresentare la storia reale, che chiede persone-competenze che la vivano come è, nella sua variabilità che non fa sconti, ed esige perciò sempre di innovare - con paziente impazienza - la vecchia favola del "camino que se hace al andar".
Bibliografia 1. Resolution WHA 30-43. WHO Handbook of resolutions and decisions of the World Health Assembly and the Executive Board, Vol. II, Geneva, 1985. 2. WHO-TRS 615, 1977. 3. WHO, Primary Health Care. Alma Ata 1978, Geneva, 1978 ("Health for all" series, n°1). 4. Vuori H. Health for all, primary health care and general practitioners. Journal of the Royal College of General Practitioners 1986; 36: 398-402. 5. Steering Committee of the 2008 Global Ministerial Forum on Research for Health. From Mexico to Mali: a new course for global health. The Lancet 2008; 371:91-3.