Vaccinazione contro l'Haemophilus Influenzae tipo b
Luisella Grandori Pediatra di Comunità - Azienda USL di Modena
Le infezioni da Haemophilus influenzae tipo b
L'Haemophilus influenzae (Hi) è un coccobacillo Gram negativo che deve il suo nome alla caratteristica di crescere in terreni arricchiti con eritrociti e alla tendenza ad accompagnare le epidemie influenzali, cosa che lo fece inizialmente scambiare (da Pfeiffer nel 1882) per l'agente eziologico dell'influenza. Le infezioni da Hi sono infatti tipicamente invernali.
Esistono ceppi non capsulati, non tipizzabili, e ceppi capsulati, antigenicamente distinti in 6 tipi diversi denominati con le lettere dell'alfabeto dalla a alla f. Le infezioni più frequenti e meno gravi provocate dall'Hi sono quelle che interessano le prime vie respiratorie, come otiti, congiuntiviti, sinusiti, broncopolmoniti, anche negli adulti, e sono sostenute usualmente da ceppi non capsulati. Le infezioni invasive, come meningiti (le più frequenti e le meglio studiate), epiglottiti, artriti settiche, celluliti e setticemia, sono invece causate prevalentemente da ceppi capsulati, soprattutto di tipo b (95%), e si manifestano nei bambini al di sotto dei 5 anni di età, più frequentemente sotto i 2 anni e con maggior gravità sotto i 6 mesi di vita.
La letteratura internazionale riporta una frequenza di esiti permanenti dopo meningite da Haemophilus infuenzae di tipo b (Hib) fino al 30%, rappresentati soprattutto da ipoacusia, disturbi del linguaggio, ritardo mentale e disturbi del comportamento.
L'Hib colonizza il naso e il faringe di circa il 5% dei bambini sani, con alte concentrazioni del batterio nelle rispettive secrezioni, e basse concentrazioni nella saliva. Non si conosce il motivo per cui solo in alcuni bambini si determinino infezioni invasive.
La durata del periodo di incubazione è sconosciuta; il contagio avviene probabilmente da persona a persona attraverso il contatto diretto delle secrezioni infette con le mucose del naso, degli occhi o della bocca, specie a seguito di colpi di tosse o starnuti, oppure tramite fazzoletti, cibi, giochi, mani contaminate.
La situazione epidemiologica nel mondo
Nei paesi ad elevato sviluppo economico, le infezioni invasive da Hib sono costituite essenzialmente dalla meningite, mentre nei paesi in via di sviluppo sembrano essere più frequenti le infezioni polmonari. Non sono però disponibili dati relativi all'epidemiologia di queste infezioni in molte regioni dell'Asia e dei Nuovi Stati Indipendenti. In alcune popolazioni, come ad esempio gli indiani Apache e Navajo, sono state riscontrate incidenze particolarmente elevate (173 casi per 100.000 bambini di età inferiore ai 5 anni per anno); la massima incidenza viene attribuita agli esquimesi dell'Alaska (440 casi per 100.000 bambini di età inferiore ai 5 anni per anno).
La situazione epidemiologica in Italia e in Europa
In Europa le incidenze più elevate sono state rilevate nei Paesi nordici. In Italia, le infezioni invasive da Hib sembrano avere una incidenza inferiore a quella del resto dell'Europa occidentale; in questi paesi, prima dell'introduzione di programmi vaccinali su larga scala, nei bambini fino ai 5 anni di età l'incidenza variava tra 12 e 52 casi per 100.000, con valori superiori al Nord rispetto a Sud.
Nel 1997, uno studio condotto dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) in 8 regioni italiane in bambini di età inferiore ai 5 anni, ha rilevato una incidenza media di 4,4 casi per 100.000, con grandi differenze tra le varie Regioni (range: 1,7 26,4 casi/100.000). I due estremi erano rappresentati dalla Regione Puglia (1,7/100.000) e dalla Provincia Autonoma di Trento (26,4/100.000), mentre in tutte le altre regioni l'incidenza era compresa tra 4 e 7 /100.000. Questi risultati sono stati riconfermati nel 1998 (dati non pubblicati). Una precedente stima dell'ISS valutava un'incidenza di 27,8 casi per 100.000; l'eccesso va probabilmente attribuito al fatto che i bambini studiati (15.000 bambini di età compresa tra i 2 e i 27 mesi) erano stati seguiti per un periodo di tempo in cui cadevano 3 inverni e solo due delle altre stagioni e le malattie da Hib, come già detto, presentano un picco di massima incidenza nella stagione invernale. Nel 1998, nei bambini di età inferiore ai 24 mesi, le coperture vaccinali nazionali contro le infezioni da Hib risultavano mediamente del 20% e non possono quindi aver determinato una diminuzione di incidenza della malattia.
Nei bambini italiani, tra le varie forme di infezione invasiva, le meningiti hanno avuto una frequenza pari al 73%, con un tasso di letalità del 5%. Pur trattandosi quindi di una malattia infrequente, l'intervento di immunizzazione attiva su larga scala può essere giustificato dalla sua potenziale gravità e letalità.
Tra gli obiettivi indicati dall'OMS nel 1999 per la prevenzione delle malattie infettive in Europa, vi è anche la riduzione dell'incidenza delle forme invasive da Hib al di sotto di 1 caso ogni 100.000 entro il 2010.
Il vaccino
Il primo vaccino che venne allestito contro le infezioni invasive da Hib era costituito da antigeni polisaccaridici capsulari che non erano in grado di determinare una protezione valida nei soggetti di età inferiore ai 2 anni. La coniugazione di questi antigeni con carrier proteici, come il tossoide tetanico o difterico o una proteina della membrana esterna del meningococco, induce la produzione di una risposta immunitaria protettiva da parte dei T linfociti fin dai primi mesi di vita. Questi vaccini di nuova generazione (Acthib, Hiberix, con tossoide tetanico;Hibtiter, Vaxem Hib, con anatossina diftetrica) vengono perciò definiti "coniugati".
Il titolo anticorpale considerato protettivo è uguale o maggiore di 0,15 mcg/ml. L'efficacia protettiva è stimata superiore al 95% nelle formulazioni monovalenti.
Questi vaccini determinano la produzione di anticorpi circolanti, ma anche una valida memoria immunitaria. Provocano inoltre una diminuzione della colonizzazione nasofaringea, permettendo in questo modo di ottenere un effetto di protezione collettiva.
Oltre che nella formulazione monovalente, in Italia, da circa un anno, il vaccino è presente nei vaccini pentavalenti (antipolio inattivato, difterite, tetano, pertosse, Hib: Cinquerix, Pentavac) che, per la loro grande diffusione e comodità d'uso, faciliteranno il raggiungimento di elevate coperture, compensando così il modesto calo di immunogenicità determinato dalla combinazione con gli altri antigeni vaccinali.
Le schedule vaccinali
Le schedule vaccinali in uso sono molto diversificate, ma possono essere distinte principalmente in due tipi: quelle che prevedono la somministrazione di 3 dosi entro i primi 6 mesi oppure entro il primo anno di vita. I calendari ravvicinati, che concentrano le prime dosi nei primi 6 mesi di vita, prevedono per lo più un richiamo nel 2° anno di vita, la cui necessità è però discussa.
Il nuovo calendario nazionale per le vaccinazioni nell'infanzia prevede la somministrazione di 3 dosi di vaccino al 3°, 5°, 11°/12° mese di vita, come avviene in alcuni Paesi del Nord Europa. Questo permetterà di raggiungere alte coperture vaccinali poiché i tempi di somministrazione coincidono con le scadenze degli altri vaccini previsti a queste età.
Oltre l'anno di vita, e anche nell'adulto, si ritiene sufficiente la somministrazione di una sola dose di vaccino per determinare la produzione di titoli anticorpali considerati protettivi.
Le indicazioni
Oltre a tutti i bambini, per le motivazioni già dette, esistono alcune situazioni che espongono ad un maggior rischio di infezione invasiva da Hib, che andranno tenute presenti nell'indicazione alla vaccinazione:
i bambini che frequentano gli asili nido o che vivono in comunità chiuse, o in famiglie numerose;
tutti coloro che, per vari motivi hanno un sistema immunitario compromesso, come i bambini con infezione da HIV, con patologie tumorali o gli splenectomizzati.
I bambini che hanno sviluppato un'infezione invasiva da Hib sotto i 24 mesi di vita, andranno vaccinati ugualmente, poiché prima di questa età è probabile che non sviluppino una sufficiente immunità protettiva.
Le controindicazioni e le precauzioni
Le controindicazioni al vaccino sono rappresentate dalle controindicazioni generali a tutti i vaccini: malattia febbrile acuta in atto, allergia grave e documentata ad uno dei componenti, pregresse gravi reazioni avverse allo stesso vaccino. Andrà inoltre posta attenzione e cautela nel somministrare vaccini anti-Hib con carrier a base di tossoide tetanico in soggetti che abbiano presentato reazioni avverse importanti al vaccino antitetanico.
Gli effetti indesiderati
Il nuovo vaccino coniugato contro l'Hib viene ritenuto sicuro ed efficace. Gli effetti indesiderati certamente correlati sono rari. Oltre a possibili, ma poco frequenti (10-15%) reazioni locali (rossore e gonfiore), il principale effetto indesiderato è rappresentato dal rialzo termico che può presentarsi entro le 48 ore dopo la somministrazione.
Alla fine degli anni '90, sul British Medical Journal si è assistito ad un vivace dibattito, sollevato da Classen DC e Classen JB, (infettivologo uno e produttore di preparati immunologici, l'altro), relativamente all'accusa mossa da questi ultimi che il vaccino potesse agire da trigger per la comparsa di diabete di tipo I nei bambini. Per chiarezza, va detto che questi due autori sostengono da tempo la possibilità di induzione di diabete di tipo I da parte di tutti i vaccini, ipotesi questa, che è invece stata smentita da diversi studi. Nel 1998, un panel di esperti di varie discipline, convocati ad un workshop specifico sul tema dalla John Hopkins School of Public Health ha concluso che per nessun vaccino (compreso quello contro l'Hib) è dimostrata la correlazione con l'aumentato rischio di diabete di tipo 1.
L'efficacia della vaccinazione su larga scala
Numerosi studi dimostrano l'efficacia del vaccino sulla meningite da Hib. In tutti i Paesi in cui è stata effettuata la vaccinazione su larga scala si è registrata una riduzione superiore al 90% della incidenza della malattia. La meningite viene normalmente utilizzata come indicatore delle infezioni invasive da Hib perché è la forma più frequente e quella di cui viene più frequentemente eseguita diagnosi eziologica.
Di recente, sono stati pubblicati i risultati di uno studio svedese che dimostra l'efficacia del vaccino anche sull'epiglottite da Hib; l'incidenza annuale è passata da 29 casi per 100.000 negli anni precedenti, a 9 per 100.000 dopo circa 3 anni dall'inizio della vaccinazione.
Il timore che vaccinando contro l'Hib potessero aumentare le infezioni invasive dovute ad altri sierotipi capsulati, sembra infondato. Dai dati di sorveglianza provenienti dagli Stati Uniti risulta che, dopo la vaccinazione su larga scala, a fronte di una drastica diminuzione delle forma invasive da Hib, l'incidenza di forme invasive causate da altri sierotipi è rimasta invariata.
L'efficacia del vaccino nel diminuire le infezioni da Hib nell'infanzia è stata chiaramente dimostrata anche sulle popolazioni ad elevata incidenza della malattia o in paesi in via di sviluppo, come nel caso di un gruppo di indiani d'America, o in Cile oppure in Gambia (dove si è ottenuta una diminuzione del 20% delle polmoniti documentate con radiografia). Nei paesi in via di sviluppo la morbilità e la mortalità dovute all'Hib sono considerevolmente più elevate e quindi la vaccinazione permetterebbe di prevenire molti più casi; prima di introdurla in questi paesi, l'OMS rileva però la necessità di tenere conto di diversi fattori, tra cui la fattibilità senza interferire con gli altri programmi di vaccinazione e l'attivazione di sistemi di sorveglianza della malattia.
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