Con questo numero del bollettino inizia la pubblicazione di una serie di contributi che, partendo da ottiche di visione diverse, proporranno riflessioni, osservazioni, sui problemi e sul ruolo della CUF. Il primo parere è quello di un esponente "storico" della CUF che ha partecipato alla "rivoluzione culturale" nel mondo del farmaco iniziando il nuovo corso del Prontuario Terapeutico Nazionale.
Sono passati ormai 7 anni dalla "rivoluzione culturale" nel mondo del farmaco, responsabile di un nuovo modo di concepire il prontuario terapeutico nazionale che deve tener conto della efficacia e della economicità per il rimborso dei farmaci da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Molte cose sono cambiate dal gennaio del 1994, oltre al raddoppio della spesa annua, per effetto di interventi legislativi ed in particolare delle varie leggi "finanziarie ".
Sotto l'influsso delle lobby interessate, in modo lento, ma inesorabile, il Prontuario è stato ingabbiato da almeno tre importanti limitazioni.
L'affermarsi del concetto di classe omogenea per cui - non si capisce su quale base razionale -tutti i farmaci appartenenti ad una stessa categoria (ad esempio: beta-bloccanti, ACE-inibitori, antiinfiammatori non steroidei, ecc.) devono essere tutti esclusi o inclusi per quanto riguarda la rimborsabilità. Ciò ha evitato e continua ad evitare la possibilità di operare una selezione in base all'efficacia, agli effetti collaterali, al prezzo, alla razionalità della confezione. In questo modo con gli anni si sono assommati nella stessa categoria farmaci molto simili fra di loro nonché copie dello stesso principio attivo con nomi commerciali diversi. Ciò rappresenta una forte limitazione al rimborso dei farmaci più efficaci, con minori effetti collaterali e, a parità di condizioni, con minor prezzo. Inoltre la disponibilità di molti farmaci per la stessa indicazione determina un aumento delle prescrizioni in seguito alla pressione propagandistica realizzata dall'industria sui medici.
E stato introdotto il concetto della "linearità" per cui il costo di un farmaco deve essere proporzionale alla quantità del principio attivo e al numero di unità. In altre parole se 30 compresse da 100 mg costano X lire, 30 compresse da 200 mg devono costare il doppio. Analogamente se 10 compresse da 100 mg costano Y lire, 30 compresse da 100 mg devono costare il triplo. Ciò è in contrasto con tutte le leggi di mercato perché si deve invece applicare un fattore di regressione al moltiplicarsi della quantità di principio attivo di una determinata preparazione farmaceutica. Infatti i costi inerenti alla produzione, alla propaganda, alle spese generali non si moltiplicano nello stesso modo. Ciò pone un altro problema, non ancora risolto in Italia, rappresentato dalle confezioni ottimali per evitare un inutile spreco di farmaci che si traduce in un aumento di spesa pubblica.
Il calcolo del prezzo medio europeo è una terza 'gabbia' che non ha mai trovato soluzione. Tale calcolo tiene conto spesso solo di pochi paesi e di fatto non è altro che la media del prezzo che le industrie farmaceutiche impongono nei vari paesi europei. Anche la possibilità di negoziazione vede fondamentalmente la debolezza del Servizio Sanitario Nazionale che subisce la pressione non solo da parte delle industrie, ma spesso dalle Società scientifiche e dalle Associazioni dei pazienti che sono influenzate in modo diretto o indiretto dalle stesse industrie. Questo sistema di calcolo tiene conto solo dei cambi monetari dimenticando la "parità del potere d'acquisto" che all 'inizio della riforma era stato preso in considerazione. Che il sistema di calcolo dei prezzi non funzioni è dimostrato dal fatto che ancora oggi il Servizio Sanitario Nazionale compera farmaci eguali a prezzi disegua li
La graduale introduzione di queste "gabbie" ha fatto lievitare la spesa in modo impressionante (da circa 9.000 a circa 18.000 miliardi) senza che ciò sia giustificato dalla disponibilità di farmaci rivoluzionari. La rinuncia al tetto di spesa e l'abolizione del ticket rappresentano due altre misure che certamnte non aiuteranno a contenere la spesa farmaceutica nel corso di quest'anno. Anche la richiesta di partecipazione da parte della industria e delle farmacie al pagamento della quota che eccede il tetto di spesa è stata abolita e condonata per il passato, in un significativo silenzio generale.
La nuova finanziaria per il 2001 sembra dare una possibile spinta al farmaco generico anche se ciò avviene con scarso "entusiasmo" perché introduce una nuova complicazione: il prezzo di riferimento. Il paziente che sceglie di farsi prescri vere un farmaco con nome commerciale, anziché un generico dovrà pagare la differenza. Tuttavia anziché lasciare libera la concorrenza per quanto riguarda i prezzi dei generici, la quota che pagherà il paziente sarà calcolata non sulla differenza fra il prezzo del farmaco commerciale e il prezzo del generico a prezzo più basso ma rispetto alla media dei prezzi dei farmaci generici contenenti lo stesso principio attivo. Di nuovo ciò comporterà, per il Servizio Sanitario Nazionale, l'assurdo di pagare anche per i generici prezzi diseguali per farmaci eguali. Non si capisce infine perché per i farmaci non sia mai stato adottato l'impiego delle aste. Sia per i farmaci appartenenti alle classi omogenee più numerose e più prescritte, sia per i generici un'asta per una fornitura annuale permetterebbe di realizzare cospicui risparmi.
Per i farmaci più costosi l'ammissione al prontuario dovrebbe accompagnarsi a scon ti significativi per gli acquisti fatti dal Sistema Sanitario Nazionale. Il prezzo al pubblico potrebbe essere invece il prezzo medio europeo al fine di evitare le importazioni parallele.
Un'ultima considerazione riguarda i criteri di ammissibilità al rimborso. Si deve introdurre una migliore valutazione del reale beneficio che viene apportato dai nuovi farmaci, tenendo presente che l'approvazione di nuovi farmaci da parte dell'EMEA non comporta necessariamente innovazione. Va diffuso il concetto che l'EMEA presenta ai paesi dell'Unione Europea un catalogo basato solo su qualità, efficacia e sicurezza indipendentemente da valutazioni comparative rispetto ai farmaci che già esistono sul mercato. Spetta ai Paesi membri selezionare ciò che serve anche sulla base di considerazioni economiche. Perché accettare nel Prontuari il toremifene ad un prezzo doppio del tamoxifene quando il nuovo farmaco è stato valutato secondo il disegno sperimentale dell'equivalenza? Analogamente, perché introdurre la temozolomide ad un prezzo di alcune decine di volte superiore alla procarbazina quando i due farmaci sono equivalenti?
E' augurabile che la nuova CUF eserciti più spirito critico e attenda risultati più probanti prima di inserire un nuovo farmaco nel Prontuario.
Contemporaneamente andranno sviluppate iniziative per migliorare la cultura del medico sul farmaco diminuendo l'attuale asimmetria fra informazioni di parte e in formazione indipendente.
Il farmaco è materia troppo seria per affidarsi solo alle leggi del mercato