In una percentuale variabile tra il 30 e il 50% dei casi gli antibiotici vengono utilizzati in maniera inappropriata sia dentro che fuori dall'ospedale. Una delle situazioni più frequenti è quella in cui, addirittura, in assenza di una diagnosi di infezione (batterica?), gli antibiotici vengono prescritti come "copertura" allo scopo di "prevenire" una "complicanza" batterica.
Occorre invece avere ben chiara la distinzione tra reale prevenzione di una infezione batterica in una situazione di rischio (la somministrazione dunque di un antibiotico ad un paziente nella maggior parte dei casi sfebbrato) e la cosiddetta "copertura" antibiotica di un paziente febbrile in assenza di una diagnosi precisa (una situazione quest'ultima che facilmente sfocia nell'abuso).
La decisione di somministrare un antibiotico a scopo preventivo deriva in genere da 3 ordini di considerazioni:
a. protezione dall'esposizione episodica a patogeni altamente trasmissibili o potenzialmente pericolosi ma comunque ben identificati (es. HIV, Meningococco, B. pertussis);
b. protezione generale di un paziente suscettibile (es. prevenzione delle infezioni nei pazienti trapiantati, tubercolosi, malattia reumatica);
c. protezione dalle infezioni di uno specifico organo, apparato o distretto corporeo (es. profilassi chirurgica, prevenzione dell 'endocardite).
L'identificazione delle condizioni di maggior rischio tuttavia non esaurisce il problema della personalizzazione della profilassi. Sapere che una certa categoria di soggetti può ammalare con maggiore facilità rispetto ad altre di una forma infettiva batterica non significa infatti che la somministrazione di antibiotici debba avvenire in ogni caso. L'entità del rischio è infatti variabile da paziente a paziente per cui, nella scelta, il medico dovrà attentamente soppesare il rapporto rischio/beneficio e quello costo/beneficio.
In questo articolo verranno prese in considerazione le indicazioni principali per la profilassi antibiotica nel paziente non chirurgico per le quali esistano in letteratura minime evidenze di efficacia (a volte addirittura limitate al parere di esperti), ricordando comunque che per molte di queste situazioni si è ben lontani dalla unanimità di vedute; non verranno affrontate invece le problematiche riguardanti la profilassi delle infezioni nei pazienti immunodepressi (es. AIDS, trapiantati ecc.) in quanto di prevalente interesse specialistico. Malattie a trasmissione sessuale (MTS) e infezione da HIV
I partner sessuali di pazienti con MTS devono essere individuati e sottoposti ad accertamenti per diagnosticare una eventuale infezione. Quando questo non sia possibile, è giustificato, valutando la probabilità della avvenuta trasmissione, sottoporre il partner ad un "trattamento presuntivo" della malattia diagnosticata nel paziente indice soprattutto se si tratta di infezioni che possono rimanere asintomatiche e diffondersi con facilità come le infezioni da Chlamydia o da N. gonorrheae1.
Anche le vittime di violenza sessuale2 devono essere valutate dal punto di vista clinico e laboratoristico ed eventualmente sottoposte a profilassi (tabella 1).
Un trattamento antivirale soppressivo continuo può ridurre fino all'80% la frequenza delle ricorrenze di herpes genitale nei pazienti con 6 o più ricorrenze per anno. Sia l'aciclovir alla dose di 400 mg x 2 al dì che il valaciclovir alla dose di 500 mg/die si sono dimostrati efficaci e ben tollerati anche per somministrazioni molto prolungate. La profilassi andrebbe periodicamente interrotta (ogni anno?) per rivalutarne la necessità. Tubercolosi
Sulla base della positività della intradermoreazione di Mantoux vengono identificati i soggetti a rischio di riattivazione della infezione tubercolare per i quali è indicata la chemioterapia preventiva (tabella 2).
L'isoniazide continua a rappresentare il farmaco di scelta nella chemioterapia preventiva della TBC.
Il trattamento (300 mg al dì) per 9 mesi è preferibile a quello di 6 mesi. Una possibile alternativa, di efficacia equivalente, è costituita dalla associazione di rifampicina (600 mg/die) + pirazinamide (15-20 mg/kg/die) per 2 mesi.
Il monitoraggio laboratoristico di routine durante il trattamento non è necessario tranne che nei pazienti con infezione da HIV, nelle gravide, negli alcolisti e nei
pazienti con epatopatia cronica4. Reumatismo articolare acuto (RAA)
Per la profilassi secondaria dopo un attacco di RAA viene ancora raccomandata la penicillina G benzatina alla dose di 1.200.000 UI per via intramuscolare ogni 4 settimane. Somministrazioni più ravvicinate (es. ogni 3 settimane) o dosaggi più elevati (in alcuni paesi come la Francia vengono consigliati 2.400.000 UI ogni 2 settimane), benché probabilmente più efficaci, possono però mettere a repentaglio la compliance da parte del paziente. Al momento l'OMS e l'American Health Association raccomandano il regime di 1.200.000 UI ogni 3 settimane solo per i pazienti ad alto rischio (es. cardite grave nel corso del primo attacco) o nei paesi ad alta endemia.
La durata della profilassi rimane ancora oggetto di controversia ma non è mai inferiore a 5 anni ed in alcuni casi deve essere proseguita per tutta la vita. Il rischio di ricorrenza del RAA diminuisce con l'età e con gli anni passati dall'ultimo attacco, ma è proporzionale al numero ed alla gravità degli attacchi precedenti. Celluliti ricorrenti degli arti
I pazienti con linfedema degli arti (ad esempio per svuotamento ascellare o linfoadenectomia pelvica) o con grave insufficienza venosa cronica possono andare incontro a ripetuti episodi di cellulite cutanea o di eresipela.
Il trattamento del disturbo circolatorio di base costituisce il principale elemento di prevenzione delle ricorrenze infettive unitamente ad una accurata igiene della cute ed una attenta cura delle unghie. In alcuni casi tuttavia queste misure non sono sufficienti per cui può essere presa in considerazione una profilassi antibiotica a lungo termine.
Lo streptococco di gruppo A è il principale agente eziologico di queste infezioni cutanee.
La profilassi può essere condotta coii penicillina G benzatina 1.200.000 UI ogni 4 settimane per via intramuscolare. In alcuni pazienti però le ricorrenze possono verificarsi nonostante la profilassi continua. In questi casi, al pari di quanto consigliato per il RAA, può essere indicato aumentare le dosi o ricorrere ad iniezioni più ravvicinate5. Meningite meningococcica
Contrariamente a quello che si ritiene, abitualmente il meningococco non viene trasmesso per via aerea a grandi distanze (come avviene ad esempio per morbillo, varicella o tubercolosi) ma attraverso goccioline (droplets) di pochi micron di diametro che non sono trasportabili dalle correnti d'aria e tendono a cadere entro 1-2 metri dopo essere state emesse dal paziente o dal portatore sano.
I contatti stretti di pazienti con meningite meningococcica presentano un rischio di malattia (0,3-1%) che è 500-1000 volte superiore a quello della popolazione generale; per questa ragione devono essere sottoposti a chemioprofilassi il più presto possibile (idealmente entro 24 ore) dopo l'identificazione del caso indice.
Vengono definiti contatti stretti i familiari conviventi, i compagni e gli insegnanti di asilo e chiunque sia stato a contatto diretto con le secrezioni orali del paziente (attraverso il bacio, la rianimazione bocca a bocca, l'intubazione o l'aspirazione tracheale ecc.).
Non vengono considerati contatti stretti (e non sono perciò candidati alla profilassi) i compagni di scuola elementare, di scuola superiore o di università a meno che non abbiano condiviso con il paziente la stessa stanza per dormire. Allo stesso modo non sono considerati contatti stretti i compagni di lavoro, i contatti casuali ed il personale sanitario che non abbia proceduto alle manovre sopra indicate. L'antibiotico di scelta per la profilassi è considerato ancora oggi la rifampicina 10 mg/kg (max 600 mg) ogni 12 ore per 2 giorni.
In alternativa possono essere utilizzati la ciprofloxacina 500 mg per via orale in dose unica o il ceftriaxone 125 mg (nei bambini sotto i 15 anni) o 250 mg (negli adulti) per via intramuscolare in dose unica6. Infezioni invasive da Haemophilus influenzae tipo B (Hib)
L'incidenza di infezioni invasive da Hib è diminuita in maniera notevole negli ultimi anni in rapporto alla introduzione della vaccinazione.
Hib colonizza con facilità i contatti di pazienti con malattia invasiva indipendentemente dall'età o dallo stato immunitario.
I bambini non vaccinati di meno di 4 anni che convivano o frequentino la stessa comunità chiusa con un soggetto con infezione invasiva presentano un rischio di colonizzazione che viene valutato intorno al 50% ed un rischio di malattia intorno allo 0,6% e devono perciò essere sottoposti a profilassi con rifampicina 20 mg/kg (max 600 mg) al giorno per 4 giorni.
Allo stesso modo devono essere sottoposti a chemioprofilassi (indipendentemente dallo stato immunitario o dall'età) tutti i contatti stretti di un paziente con infezione invasiva qualora questi, a loro volta, siano contatti stretti di bambini di meno di 4 anni non vaccinati. Infezioni ricorrenti delle vie urinarie (IVU)
L'ecografia, l'urografia ed eventualmente la cistoscopia sono essenziali per la valutazione anatomica dell'apparato urinario nei pazienti (soprattutto anziani) con IVU ricorrenti.
In caso di reinfezioni frequenti (es. più di 3/anno) e purché siano state escluse (o non siano correggibili) anomalie anatomiche o funzionali dell'apparato urinario, può essere presa in considerazione una profilassi antibiotica in monodose quotidiana serale per 3-6 mesi con un prodotto efficace e poco costoso come il cotrimoxazolo.
Le donne non gravide, con infezioni temporalmente correlate ad un rapporto sessuale possono assumerne una dose singola dopo il rapporto7. Endocardite infettiva
Il Bollettino ha recentemente pubblicato una rassegna su questo argomento e ad essa si rimandano i lettori8. Infezioni di protesi articolari
La maggior parte delle infezioni su protesi articolari compaiono entro i primi mesi dall'impianto (infezioni precoci) quale diretta conseguenza di una contaminazione intraoperatoria da parte di germi di origine cutanea. Esiste però una quota di infezioni più tardive (il periodo più critico sono di solito i primi 2 anni dopo l'impianto) che sono ritenute la conseguenza di batteriemie insorte a distanza dall 'intervento.
La profilassi antibiotica per pazienti con protesi articolare in occasione di procedure dentarie o di altro tipo che possono provocare batteriemie è ancora molto controversa. Vi sono però orientamenti favorevoli ad una profilassi per le procedure dentarie che provocano frequentemente batteriemie (tabella 3) nei pazienti a rischio infettivo più elevato come quelli con artrite reumatoide, LES, gli immunodepressi, i diabetici insulinodipendenti, i pazienti con grave malnutrizione, coloro che abbiano già sofferto di infezioni della protesi e comunque in tutti i pazienti entro 2 anni dall'impianto9. Viene consigliata l'assunzione di amoxicillina 2 g per via orale i ora prima della procedura dentaria. Morsi di animale
Una profilassi antibiotica con amoxicillina-acido clavulanico può essere presa in considerazione per i morsi recenti a più alto rischio di infezione quali quelli alle mani, quando vi sia il dubbio di una lesione ossea o articolare, per i morsi di gatto, per le ferite puntiformi profonde, per quelle che interessano il volto o che abbiano richiesto la riparazione chirurgica e quando il paziente sia immunocompromesso (diabete insulinodipendente, cirrosi, trattamento steroideo, asplenia, linfedema dell'arto colpito ecc). La durata raccomandata del trattamento è di 3-5 giorni10. Difterite
Gli antibiotici vengono somministrati per eliminare il Corynebacterium dalle prime vie aeree ed interrompere lo stato di portatore.
La profilassi antibiotica deve essere somministrata, dopo l'esecuzione di un tampone faringeo e di un tampone nasale, a tutti i contatti stretti di un caso di difterite indipendentemente dalla stato vaccinale. Vengono raccomandati una singola dose di penicillina G benzatina per via intramuscolare (600.000 UI per i bambini di meno di 6 anni, 1.200.000 UI per gli adulti) o un ciclo di 7-10 giorni di eritromicina. La eliminazione del germe dalle prime vie aeree deve essere confermata con un nuovo tampone al termine della terapia.
Vengono definiti contatti stretti: i familiari conviventi, gli amici ed i parenti che visitino regolarmente la casa, chi condivida la stessa stanza a scuola o sul lavoro, i partner sessuali, il personale sanitario esposto alle secrezioni orofaringee del paziente11. Pertosse
I contatti stretti ed i familiari di un paziente con pertosse devono essere sottoposti a profilassi antibiotica indipendentemente dall'età e dallo stato vaccinale.
La frequenza di casi secondari scende dal 35% al 4% se la profilassi viene attuata prima del manifestarsi del secondo caso. La profilassi è particolarmente indicata per i bambini piccoli non vaccinati.
Il farmaco di scelta è ancora l'eritromicina somministrata per 14 giorni. I nuovi macrolidi possono costituire una alternativa ma la loro efficacia per questa indicazione non è stata formalmente testata. Infezioni gravi da pneumococco nei pazienti splenectomizzati
Molte autorità sanitarie continuano a raccomandare, oltre alla vaccinazione antipneumococcica, una profilassi antibiotica continua (penicillina V o amoxicillina in monodose giornaliera) nei pazienti con asplenia anatomica o funzionale. La profilassi dovrebbe idealmente essere proseguita per tutta la vita ma è particolarmente raccomandata nei primi 2 anni dopo la splenectomia e soprattutto nei bambini con anemia a cellule falciformi12. L'efficacia di questo tipo di trattamento potrebbe essere vanificata nei prossimi anni dalla diffusione sempre maggiore di ceppi di pneumococco con ridotta sensibilità alla penicillina. Diarrea del viaggiatore
L'uso continuativo di antibiotici per la prevenzione della diarrea durante il soggiorno in un paese a rischio non viene di solito raccomandato; si tende invece a porre l'accento sulle norme comportamentali ed alimentari nei confronti di cibi e bevande potenzialmente contaminati ed eventualmente sulla terapia antibiotica empirica una volta che la diarrea si sia manifestata.
Tuttavia in alcune (rare) circostanze una profilassi quotidiana con un chinolonico in monodose può essere presa in considerazione valutando attentamente il rapporto rischio/beneficio (ad es. nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale, diabete insulinodipendente, pazienti con ridotta acidità gastrica, immunodepressi ecc).
Occorre comunque ricordare come l'argomento sia ancora molto controverso; la chemioprofilassi potrebbe indurre nel viaggiatore un falso senso di sicurezza esponendolo maggiormente ad infezioni intestinali non batteriche; inoltre in caso di comparsa di diarrea in un paziente in profilassi antibiotica continua, la scelta terapeutica diventa comunque oltremodo complicata13. Malaria
La necessità o meno della assunzione continuativa di un farmaco antimalarico durante un viaggio in un paese endemico deriva dalla valutazione del rischio individuale (area visitata, durata del soggiorno, stagione dell'anno, altitudine, ecc), dalla conoscenza dei potenziali effetti indesiderati del trattamento e dalla capacità di mettere in atto misure comportamentali volte a prevenire la puntura delle zanzare.
Linee guida costantemente aggiornate sulla chemioprofilassi antimalarica sono disponibili su numerosi siti internet14. Otite media ricorrente del bambino
Una profilassi antibiotica continua dell'otite media del bambino di età inferiore a 6 anni (abitualmente con amoxicillina 20 mg/kg/die in monosomministrazione) può essere presa in considerazione quando si verifichino 3 o più nuovi episodi nell'arco di 6 mesi oppure 4 episodi nell'arco di un anno.
Benché la (scarsa) efficacia della profilassi sia stata evidenziata in numerosi studi, cominciano a sorgere delle gravi preoccupazioni per la diffusione di pneumococchi con ridotta sensibilità alla penicillina o per l'aumentata incidenza di colonizzazione da parte germi produttori di betalattamasi.
Una possibile alternativa alla profilassi continua (almeno d'estate quando la frequenza degli episodi di otite tende a diminuire) può essere quella di iniziare una terapia antibiotica nel bambino a rischio all'inizio di ogni nuova infezione delle vie aeree.
La necessità della profilassi antibiotica continua o della profilassi antibiotica del singolo episodio deve periodicamente essere rivalutata prendendo in considerazione anche approcci alternativi come l'abolizione del fumo in famiglia, l'allontanamento dall'asilo, l'abolizione del succhiotto, il posizionamento di un tubo timpanostomico, l'adenoidectomia o la vaccinazione antinfluenzale ed antipneumococcica15. Peritonite batterica spontanea (PBS) nei cirrotici con ascite
I pazienti con cirrosi ed ascite a più alto rischio di sviluppare una PBS sono quelli con una concentrazione proteica nel liquido ascitico <1 g/dl, i pazienti con sanguinamento da varici esofagee e coloro che abbiano sofferto di un precedente episodio di PBS.
La somministrazione profilattica di norfloxacina 400 mg x 2 per 7 giorni nei pazienti sanguinanti, 400 mg al dì per la durata del ricovero nei pazienti con bassa concentrazione di proteine nel liquido ascitico e di 400 mg al dì indefinitamente per chi abbia sofferto di un episodio di PBS ha dimostrato di ridurre in
maniera significativa gli episodi di infezione del liquido ascitico16. Conclusioni
La capacità degli antibiotici di prevenire un'infezione è dimostrata solo in alcune ben definite circostanze, ed anche per queste la pianificazione e la attuazione di studi metodologicamente corretti è oltremodo difficile in ragione della necessità di stratificare un numero adeguato di pazienti per fattori di rischio differenti.
In molte altre situazioni la probabilità per il paziente di sviluppare una infezione (magari facilmente trattabile) non giustifica i potenziali effetti indesiderati, i costi e le resistenze indotte dagli antibiotici usati a scopo profilattico soprattutto se i tempi di somministrazione sono molto lunghi: la somministrazione prolungata di un farmaco in un paziente che non ha sintomi, infatti, sfocia facilmente in difetti di compliance, un problema che èmolto più frequente nella pratica clinica quotidiana rispetto a quanto avviene nelle sperimentazioni controllate.
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