Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria cronica intestinale caratterizzata da infiammazione segmentaria, transmurale e da lesioni di tipo granulomatoso della mucosa intestinale; la malattia è complicata dall'insorgenza di fistole in circa un terzo dei pazienti.
I numerosi studi effettuati, particolarmente negli ultimi vent'anni, hanno portato ad un significativo ampliamento delle conoscenze relative all'ezio-patogenesi delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD - Inflammatory Bowel Diseases: morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa). Tuttavia la causa specifica di queste malattie non è tuttora nota, benché alcune caratteristiche abbiano suggerito che rivestono un ruolo importante familiarità, caratteri genetici, fattori infettivi, immunologici ed infiammatori. In assenza dell'esatta conoscenza del meccanismo eziopatogenetico, per anni il trattamento delle IBD si è limitato a salazopirina, acido 5-aminosalicilico e steroidi, impiegati empiricamente per controllare l'attività infiammatoria.
Recenti studi patogenetici hanno suggerito, tuttavia, nuove opzioni terapeutiche. In pazienti affetti da malattia di Crohn e colite ulcerosa, campioni bioptici di tessuto ammalato mostrano un'infiltrazione linfocitaria e granulocitaria quale caratteristica peculiare di malattia; inoltre numerosi studi dimostrano un ruolo centrale delle citochine nella modulazione dell'infiammazione. Alterazioni emato-chimiche sistemiche ed alterazioni funzionali della mucosa intestinale sono verosimilmente secondarie all'aumento della secrezione di citochine pro-infiammatorie a livello della lamina propria intestinale ed è stato dimostrato che fagociti intestinali e periferici di pazienti con malattia infiammatoria intestinale in fase acuta secernono maggiori quantità di tumor necrosis factor alfa (TNF alfa) edinterleukina 1 beta1.
L'ipotesi che il TNF alfa fosse un importante regolatore dell'attivazione immunologica intestinale ha portato ad indagare strategie terapeutiche con farmaci in grado di antagonizzare il TNF stesso.
La prima molecola studiata è stata la oxpentifillina ma i risultati interessanti ottenuti in vitro non sono stati confermati nella pratica clinica2,3.
L'infliximab(Remicade, Schering-Plough) è il primo esempio di utilizzo di un modificatore di risposta biologica nel trattamento delle IBD. Si tratta di un anticorpo monoclonale chimerico (murino/umano) di tipo IgG, costituito geneticamente, diretto contro il TNF alfa; inibisce un ampio spettro di attività biologiche del TNF alfa, verosimilmente attraverso il blocco dell'interazione del TNF alfa stesso con il suo recettore; può causare inoltre lisi delle cellule che producono il TNF alfa mediante fissazione del complemento o citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente. Studi clinici
La dimostrazione diretta che l'inibizione del TNF poteva portare beneficio a pazienti affetti da malattia di Crohn fu ottenuta per la prima volta in uno studio in aperto4 che dimostrò che una singola infusione di infliximab (10 mg/ kg) portava sia ad una riduzione del Crohn Disease Activity Index (CDAI) che ad un miglioramento del quadro endoscopico.
Il primo studio randomizzato controllato vs. placebo è stato condotto in pazienti con malattia in fase di attività da moderata a grave (CDAI da 220 a 400) resistenti al trattamento convenzionale5. A distanza di quattro settimane da una singola infusione di 5 mg/kg di infliximab, un miglioramento clinico (riduzione del CDAI di 70 o più punti) era presente nell'81% dei pazienti ed una remissione clinica nel 48% dei pazienti, rispetto al 17% e 4% dei pazienti trattati con placebo. Dosi maggiori di infliximab (10 o 20 mg/kg) non hanno prodotto ulteriore beneficio terapeutico (il miglioramento clinico si è manifestato rispettivamente nel 50% e nel 64% dei pazienti)5. I pazienti che mantenevano la risposta otto settimane dopo il primo trattamento (73 dei 108 pazienti inizialmente randomizzati), alla 12a settimana sono stati nuovamente randomizzati, in una estensione dello studio6, a placebo vs. 10 mg/kg di infliximab ogni otto settimane per quattro ulteriori infusioni; alla 44a settimana (8 settimane dopo l'ultima infusione) si è osservato un trend significativo per i pazienti trattati con infliximab rispetto a quelli trattati con placebo, con percentuale di remissione clinica rispettivamente del 52,9% e del 20%. Questi studi hanno dimostrato che l'infliximab migliora i segni e i sintomi di malattia nei pazienti con malattia di Crohn moderata-grave non responsiva ai trattamenti convenzionali. Si è dimostrato inoltre che la ripetizione dell'infusione ogni otto settimane è efficace nel mantenere la remissione clinica, soprattutto nei pazienti in remissione sin dalla prima infusione, e che si può ottenere un miglioramento importante, o anche la completa guarigione, delle lesioni mucose al controllo endoscopico7, il tutto accompagnato da una profonda "down regulation" delle citochine pro-infiammatorie8.
Il riscontro occasionale della chiusura delle fistole nel corso dei primi studi relativi all'utilizzo del farmaco ha portato ad uno studio controllato su questo aspetto specifico, considerando che la chiusura delle fistole è rara nei pazienti che ricevono terapie standard. Pazienti con fistole entero-cutanee sono stati arruolati in uno studio9 e randomizzati all'infusione di placebo oppure di 5 o 10 mg/kg di infliximab somministrato alle settimane 0, 2 e 6. L'obiettivo era la chiusura del 50% o più delle fistole in due visite successive a distanza di un mese. La percentuale di risposta è stata significativamente più alta nei pazienti trattati con 5 o 10 mg/kg di infliximab (rispettivamente 68% e 56%) rispetto a quelli trattati con placebo (26%). Analogamente il 55% dei pazienti trattati con 5 mg/kg di infliximab e 38% di quelli trattati con 10 mg/kg hanno ottenuto la chiusura di tutte le fistole, rispetto al 13% dei pazienti trattati con placebo. La chiusura si è mantenuta per almeno un mese e la durata media di mantenimento della risposta è stata di tre mesi.
Questi dati dimostrano in modo inequivocabile che l'infliximab è un trattamento efficace per le fistole in pazienti con malattia di Crohn.
La Tabella 1 riassume i tre studi randomizzati condotti con l'infliximab; un quarto studio è stato condotto con il CDP571, un altro inibitore del TNF alfa non ancora in commercio10.
Attualmente sono in corso due studi: Accent I, rivolto al problema del ritrattamento, ed Accent II, disegnato per valutare l'impiego dell'infliximab in pazienti con fistole. Peraltro, non essendovi al momento valide alternative terapeutiche, nei casi di malattia di Crohn refrattaria alla terapia convenzionale, vengono sempre più spesso riportate esperienze non controllate in aperto.
I dati, riportati al recente congresso dell'American Gastroenterological Association, tenutosi a S. Diego nel maggio scorso, indicano una risposta media, in termini di remissione clinica ed endoscopica della malattia, del 57% e di chiusura delle fistole del 67%. Sono segnalate inoltre, in modo aneddotico, risposte positive al trattamento delle complicanze cutanee gravi della malattia di Crohn (Crohn cutaneo metastatico)9,12,13.
Del tutto recentemente è stato presentato il primo studio in aperto effettuato su pazienti in età pediatrica che ha riportato un miglioramento del CDAI pediatrico in tutti i 19 pazienti trattati; otto pazienti, tuttavia, hanno presentato un peggioramento nelle otto settimane successive al termine del trattamento11. Infine, in un altro studio14, l'infliximab ha determinato una rispostà completa in sei su sette pazienti affetti da recidiva di Crohn su pouch ileo-anale. Effetti indesiderati
Questo aspetto è stato trattato di recente anche nella presentazione dell'impiego dell'infliximab nell'artrite reumatoide15.
L'infliximab è generalmente ben tollerato: gli effetti indesiderati descritti più frequentemente sono infezioni del tratto respiratorio superiore, generalmente non gravi, astenia, cefalea e nausea; le reazioni allergiche acute sono rare. La reinfusione del farmaco determina nel 13% circa dei pazienti trattati la produzione di anticorpi diretti contro il farmaco stesso; sebbene presenti nella maggior parte dei casi a basso titolo, questi anticorpi possono aumentare la probabilità di insorgenza di reazioni avverse, abbreviare la vita media del farmaco e ridurne l'efficacia clinica. E' stata recentemente rilevata una reazione di ipersensibilità ritardata con insorgenza dopo 3-7 giorni dalla reinfusione del farmaco, caratterizzata da una varietà di reazioni avverse quali rash, mialgia, febbre, artralgia ed edema facciale. Tale problema è stato descritto in 10 dei 40 pazienti con malattia di Crohn trattati nuovamente dopo due-quattro anni dalla prima somministrazione16,17. I dati disponibili, ancora limitati, suggeriscono che l'ipersensibilità ritardata sia meno frequente nei pazienti che hanno inizialmente ricevuto uno schema di tre infusioni successive o che hanno ricevuto trattamenti contemporanei con un farmaco immunomodulante; il livello del complemento non è risultato modificato e l'esatto meccanismo immunologico della reazione non è noto.
Ad oggi sono stati segnalati 28 casi di TBC (9 casi in Nord America e 19 casi in Europa), dei quali uno ha avuto esito fatale. Alcuni erano casi di tubercolosi miliare, altri hanno presentato un'insolita localizzazione extrapolmonare. La maggior parte dei pazienti aveva una storia di trattamento pregresso con immunosoppressori e corticosteroidi e, in una significativa percentuale di pazienti, l'insorgenza di TBC attiva si è verificata dopo tre o meno infusioni di infliximab suggerendo una possibile correlazione con l'inizio della terapia con il farmaco29.
L'infliximab può inoltre determinare la produzione di anticorpi anti-DNA, benché solo in tre casi sia stata riportata l'insorgenza di una sindrome tipo lupus, risolta con terapia medica18. Sono stati descritti sei casi di linfoma insorti in pazienti trattati con infliximab nel corso di studi clinici (4 pazienti affetti da artrite reumatoide, uno da malattia di Crohn, uno da AIDS). È descritta un'aumentata incidenza di linfoma nell'artrite reumatoide e nell'AIDS, mentre il rischio di linfoma nella malattia di Crohn rimane controverso. Per attribuire a questo farmaco un reale rischio di neoplasia sono necessari dati a lungo termine e su popolazioni più ampie16. Una recente rassegna ha confrontato gli effetti indesiderati insorti in 770 pazienti trattati con infliximab per Crohn o per artrite reumatoide nei confronti di 192 trattati con placebo; i risultati sono riassunti nella Tabella 2. Controindicazioni
L'infliximab non deve essere utilizzato nei pazienti con sepsi in fase attiva, in quelli con anamnesi positiva per malattia autoimmune ed in quelli portatori di neoplasia.
Avvertenze
Il trattamento va sospeso in caso di sospetto di tubercolosi in fase attiva. Prima di iniziare il trattamento, una attenta anamnesi deve escludere la tubercolosi sia attiva che latente.
Prescrivibilità
Nell'aprile scorso l'infliximab è stato registrato in fascia H per il trattamento della malattia di Crohn:
in fase attiva, grave, in pazienti che non abbiano risposto nonostante un trattamento completo e adeguato con terapia corticosteroidea e/o immunosoppressiva;
fistolizzante, in pazienti che non abbiano risposto nonostante un corso di terapia completo ed adeguato con trattamento convenzionale.
Dosaggio e costi
L'infliximab viene somministrato per via venosa alla dose di 5 mg/kg; le fiale da 100 mg vengono preparate in fleboclisi fisiologica da 250 ml ed infuse in un periodo non inferiore a due ore. E' raccomandata anche l'osservazione del paziente nelle due ore successive al trattamento. Nella malattia di Crohn grave, in fase attiva, non responsiva ad altri trattamenti, si pratica una sola somministrazione; nella malattia fistolizzante sono previste altre due infusioni, al medesimo dosaggio, a distanza di due e di sei settimane dalla prima.
Una fiala da 100 mg costa L. 1.105.000; il costo di ogni singola somministrazione per un paziente di circa 60 Kg. è di L. 3.315.000.
Altri farmaci
Oltre all'infliximab ed al CDP57110 anche la talidomide si è rivelata in grado di inibire la produzione del TNF alfa da parte dei monociti e di altre cellule19. Questo farmaco, inizialmente commercializzato come sedativo ed antiemetico, venne ritirato negli anni '60 per i devastanti effetti teratogeni. Diversi studi clinici hanno dimostrato l'utilità della talidomide nel "graft versus host disease", nel lupus cutaneo, nell'artrite reumatoide, nella sarcoidosi, nel pioderma gangrenoso, nel sarcoma di Kaposi, nel Behcet ecc20. Due studi, entrambi in aperto, hanno dimostrato l'utilità del farmaco nella malattia di Crohn refrattaria ad altri trattamenti21,22. Sono ovviamente necessari studi controllati anche per questo farmaco. Rimane il problema di garantire una contraccezione assolutamente sicura ai pazienti che effettuano questo trattamento, anche se di sesso maschile; infatti la talidomide può passare nello sperma e porre a rischio il feto20. Conclusioni
Come per tutti i farmaci nuovi, anche per l'infliximab si ripropongono le classiche domande28. Quando utilizzare l'infliximab? A quali dosi? In quali pazienti? A quali intervalli?
Sebbene l'indicazione sia quella di somministrarlo a pazienti con malattia di Crohn moderata-grave non responsiva al trattamento convenzionale, resta da stabilire quale sia il trattamento da considerarsi "convenzionale" e se i tempi e le modalità di somministrazione proposti (vedi dosaggio e costi) siano realmente i più adatti17. Nei pazienti responsivi, l'infliximab solitamente viene somministrato di nuovo alla ricomparsa dei sintomi, soprattutto nei pazienti che non rispondono o non tollerano altre terapie o in quelli che presentano alto rischio operatorio. Tuttavia questa strategia terapeutica non è la migliore per controllare la malattia; verosimilmente una somministrazione regolare prima della recrudescenza dei sintomi sarebbe una strategia preferibile, ma sono necessari ulteriori studi per poter definire quale sia la terapia di mantenimento più corretta.
Alcuni elementi nella malattia di Crohn possono essere considerati oramai definiti:
è necessaria una terapia praticamente per tutta la vita, salvo i casi di remissione prolungata dopo trattamento chirurgico;
la soluzione chirurgica, soprattutto se con resezioni limitate o con interventi laparoscopici, rimane una buona alternativa;
la mesalazina è solo marginalmente efficace;
gli steroidi sono utili per indurre la remissione e devono essere impiegati per un periodo non superiore alle 12-16 settimane;
in considerazione dell'efficacia nel mantenimento della remissione e della buona tollerabilità a lungo termine, i dati fino ad ora disponibili portano a considerare l'azatioprina il farmaco di scelta nei pazienti con malattia di Crohn con frequenti riacutizzazioni o con malattia cronicamente attiva. In un recente studio23, il metotrexate si è rivelato in grado di ridurre la percentuale di recidive nei pazienti in remissione. Per questo farmaco, come per altri proposti di recente (ormone della crescita, micofenolato, tacrolimus ecc.) è necessaria ulteriore documentazione prima dell'impiego routinario nella pratica clinica24.
Nel pazienti che non tollerano o non rispondono alla azatioprina ed allo steroide, l'infliximab può essere considerato una valida opzione terapeutica. Nei pazienti con malattia di Crohn fistolizzata, l'utilizzo dell'infliximab potrebbe essere considerato dopo sei mesi di terapia con azatioprina; un trattamento più precoce potrebbe essere indicato in caso di malattia peri-anale grave ed estesa, benché non siano ancora disponibili i dati di studi specifici. Attualmente non vi sono prove sull'utilizzo dell'infliximab come terapia di mantenimento della malattia fistolizzata.
In conclusione si può ritenere che l'infliximab sia realmente una grande novità per il trattamento del Crohn; in molti pazienti questo farmaco ha consentito di migliorare la qualità di vita grazie anche alla possibilità di sospendere, per lo meno per un lungo periodo, lo steroide. Il riscontro di più di 20.000 prescrizioni negli Stati Uniti, nel primo anno di commercializzazione, fa però nascere molti dubbi sull'ottimizzazione delle strategie terapeutiche di base in questa malattia25. Probabilmente l'infliximab potrà essere considerato una "bridge therapy" verso lo sviluppo di nuovi farmaci immuno-modificanti, da impiegarsi con sempre maggiore successo nella malattia di Crohn.
Sono comunque necessari ulteriori studi per poter definire con maggiore precisione quale sia il ruolo di questo farmaco nella strategia terapeutica complessiva della malattia di Crohn ed in futuro, alla luce degli studi in corso, anche della colite ulcerosa. Bibliografia 1. Brynskov J et al. Cytokines (immunoinflammatory hormones) and their natural regulation in inflammatory bowel disease (Crohn disease and ulcerative colitis): a review. Dig Dis 1994; 12: 290-304. 2. Reimund JM et al. In vitro effects of oxpentifylline on inflammatory cytokine release in patients with inflammatory bowel disease. Gut 1997; 40: 475-480. 3. Bauditz J et al. Treatment with tumor necrosis factor inhibitor oxpentifylline does not improve corticosteroid dependent chronic active Crohn's disease. Gut 1997; 40: 470-474. 4. van Dullermen HM et al. Treatment of Crohn's disease with anti-tumor necrosis factor chimeric monoclonal antibody (cA2). Gastroenterology 1995; 109: 129-135. 5. Targan SR et al. A short-term study of chimeric monoclonal antibody cA2 to tumor necrosis factor-alpha for Crohn's disease. N Engl J Med 1997; 1029-1035. 6. Rutgeerts P et al. Efficacy and safety of retreatment with anti-tumor necrosis factor antibody (infliximab) to mantain remission in Crohn's disease. Gastroenterology 1999; 117: 761-769. 7. D'Haens G et al. Endoscopic and histological healing with infliximab anti-tumor necrosis factor antibodies in Crohn's disease: a European multicenter trial. Gastroenterology 1999; 116: 1029-1034. 8. Baert FJ et al. Tumor necrosis factor alpha antibody (infliximab) therapy profoundly down-regulates the inflammation in Crohn's ileocolitis. Gastroenterology 1999; 116: 22-28. 9. Present DH et al. lnfliximab for the treatment of fistulas in patients with Crohn's disease. N Engl J Med 1999;340: 1398-1405. 10. Stack WA et al. Randomised controlled trial of CDP571 antibody to tumor necrosis factor-alpha in Crohn's disease. Lancet 1997; 349: 521-524. 11. Hyams JS et al. Use of infliximab in the treatment of Crohn's disease in children and adolescents. J Pediatr2000; 173: 192-196. 12. Hunt SA et al. Estensive dermatologic complications of Crohn's disease: response to Remicade.Gastroenterology 2000; 118 (suppl. 2): Abst. 2962. 13. van der Linde K et al. lnfliximab for treatment of perineal metastatic Crohn's disease. Gastroenterology 2000;118 (suppl. 2): Abst. 3050. 14. Ricart E et al. Successful management of Crohn's disease of the ileoanal pouch with infliximab.Gastroenterology 1999; 117: 429-432. 15. Rubino S et al. Antagonisti del tumor necrosis factor nell'artrite reumatoide. Informazioni sui farmaci 2000;24: 74-78. 16. Rutgeerts P. Infliximab is the drug we have been waiting for in Crohn's disease. Inflamm Bowel Dis 2000; 6:132-136. 17. Sands BE. Therapy of inflammatory bowel disease. Gastroenterology 2000; 118: S68-S82. 18. Hanauer SB et al. Long-term follow up of patients treated with infliximab (Anti-TNF alpha antibody) in clinical trials. Gastroenterology 2000; 118 (suppl. 2):Abst. 2961. 19. Peterson et al. Thalidomide inhibits tumor necrosis factor-alpha production by lipopolysaccharide- and lipoarabinomannan-stimulated human microglial cells. J Infect Dis 1995; 172: 1137-1140. 20. Sands BE. New life in a sleeper: thalidomide and Crohn's disease. Gastroenterology 1999; 117: 1485-1488. 21. Ehrenpreis ED et al. Thalidomide therapy for patients with refractory Crohn's disease: an open-label trial.Gastroenterology 1999; 117: 1271-1277. 22. Vasiliauskas EA et al. An open-label pilot study of low-dose thalidomide in chronically active, steroid-dependent Crohn's disease. Gastroenterology 1999; 117: 1278-1287. 23. Feagan BG et al. A comparison of methotrexate with placebo for the maintenance of remission in Crohn's disease. N Engl J Med 2000; 342: 1627-1632. 24. Sartor RB. New therapeutic approaches to Crohn's disease. N Engl J Med 2000; 342: 1664-1666. 25. Shanahan F. Anti-TNF therapy for Crohn's disease: a perspective (lnfliximab is not the drug we have been waiting for). Inflamm Bowel Dis 2000; 6: 137-139. 26. Bell S et al. Antibodies to tumor necrosis factor alpha as a treatment for Crohn's disease. Lancet 2000; 355:860. 27. Schaible TF. Long term safety of infliximab. Con J Gastroenterol 2000; 14 (suppl C): 29C-32C. 28. Korzenick JR. Infliximab for fistulas: a hole in one? Inflamrn Bowel Dis 2000; 6: 62-63. 29. Comunicazione Centocor Schering-Plough 19-12-2000.