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Indicazioni approvate: Trattamento delle crisi parziali con o senza generalizzazione secondaria, non controllate in maniera soddisfacente da altri farmaci antiepilettici. Il farmaco va somministrato in aggiunta ad altri antiepilettici. Deve essere usato soltanto in pazienti di età superiore ai 12 anni.
Classe A del PTN
La tiagabina svolge la propria azione anticonvulsivante aumentando l’azione dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA), il principale neurotrasmettitore inibitorio presente a livello del sistema nervoso centrale. Il farmaco si lega al carrier GAT-1 che funge da veicolo per il riassorbimento del GABA all’interno dei neuroni e degli astrociti cerebrali. La maggiore disponibilità del GABA nello spazio intersinaptico si traduce in un afflusso di ioni cloro all’interno del neurone postsinaptico con conseguente iperpolarizzazione della membrana cellulare e inibizione del neurone stesso.
Somministrata per via orale, la tiagabina ha una biodisponibilità prossima al 90% e raggiunge il massimo delle concentrazioni plasmatiche dopo circa 90 minuti. Il cibo ne rallenta l’assorbimento, ma non riduce la quota assorbita. Legata in misura rilevante alle proteine plasmatiche (96%), la tiagabina viene metabolizzata nel fegato ad opera del citocromo P450 (isoenzima CYP3A4) a composti inattivi. L’emivita è di 7-9 ore, ma nei pazienti che assumono farmaci induttori enzimatici si riduce a 2-3 ore. L’eliminazione avviene principalmente per via biliare. Nei pazienti con insufficienza renale non si deve procedere ad una riduzione del dosaggio; la riduzione diventa invece necessaria in caso di disfunzione epatica.
Efficacia clinica
Dei 5 studi clinici realizzati (3 in Europa, 2 negli USA), solo 2 risultano pubblicati per intero. Una metanalisi ha integrato i dati di tutti gli studi, compresi quelli non pubblicati. Gli studi sono stati tutti randomizzati, in doppio-cieco, controllati con placebo e hanno avuto una durata da 8 a 12 settimane. Due degli studi europei hanno previsto una fase preliminare in aperto volta a verificare la responsività dei pazienti (riduzione del numero delle crisi di almeno il 25%); l’arruolamento nella fase in doppio-cieco, cross over, è stata quindi limitata ai soli responders. Complessivamente sono stati coinvolti 951 pazienti con crisi parziali, con o senza generalizzazione secondaria, non controllate in modo adeguato da altri antiepilettici in monoterapia. L’analisi combinata dei risultati dimostra che nel 23% dei pazienti trattati con tiagabina (+anticonvulsivante abituale) si è ottenuta una riduzione di almeno il 50% del numero delle crisi contro il 9% raggiunto col placebo (+anticonvulsivante abituale).
Dagli studi è emersa una significativa correlazione tra dose e risposta, soprattutto nelle crisi parziali semplici e complesse. Il più alto numero di risposte (36%) si è infatti registrato nei pazienti trattati coi dosaggi più alti (48-64 mg/die); nei pazienti che assumevano dosaggi medi (24-48 mg/die) la percentuale di risposte è stata del 22% contro il 14% osservato nei pazienti trattati con le dosi più basse (< 0 = 24 mg/die).
I risultati di 6 studi in aperto (3 dei quali prosecuzione di precedenti studi in doppio-cieco) indicano che l’efficacia delle tiagabina si mantiene nel tempo: nel 30-40% dei pazienti l’aggiunta di tiagabina al trattamento in corso ha dimezzato la frequenza delle crisi. Nell’arco di un periodo di 2 mesi, il 15-30% dei pazienti non ha avuto alcuna crisi. Il beneficio terapeutico riscontrato in questi studi risulta però sovrastimato e non è trasferibile in toto alla popolazione dei pazienti con epilessia refrattaria. Vi hanno infatti partecipato pazienti altamente responders, già tali negli studi in doppio-cieco o preselezionati nel periodo in aperto che ha preceduto i due studi in doppio-cieco.
Mancano studi comparativi con altri antiepilettici.
Gli studi controllati sulla tiagabina in monoterapia sono pochi e condotti su un numero molto ristretto di pazienti; per quanto promettenti non consentono di delineare un possibile ruolo del farmaco né i dosaggi ottimali.
Effetti indesiderati
La maggior parte dei pazienti coinvolti negli studi ha assunto la tiagabina in associazione con un altro anticonvulsivante e questo rende difficile l’esatta attribuzione di un determinato effetto indesiderato. I disturbi più frequentemente riportati rispetto al placebo sono stati: vertigini (30% vs 13%), astenia (24% vs 12%), nervosismo (12% vs 3%), tremori (9% vs 3%), diarrea (7% vs 2%), depressione (5% vs 1%) e labilità emotiva (4% vs 1%). Tali disturbi sono comparsi per lo più durante i primi 45 giorni di trattamento, risultando di entità lieve-moderata e transitori. La percentuale di pazienti che ha sospeso il trattamento per la comparsa di effetti indesiderati è stata del 15% nel gruppo che assumeva tiagabina e del 5% in quello assegnato al placebo.
Gli studi in aperto confermano la prevalenza di disturbi di tipo neuropsichico con l’aggiunta di casi di cefalea, sonnolenza, confusione e atassia.
Ci sono state diverse segnalazioni di pazienti in trattamento con tiagabina che hanno manifestato crisi di assenza o uno status epilepticus non convulsivo. La sospensione del trattamento o la riduzione del dosaggio del farmaco ha portato a una completa remissione dei sintomi.
A tutt’oggi non vi sono segnalazioni di gravi casi di tossicità su base idiosincrasica (ematologica o dermatologica) imputabili alla tiagabina.
Il trattamento con vigabatrin, un analogo strutturale del GABA, è associato a difetti concentrici del campo visivo non reversibili. Non è, tuttavia, chiaro se siano imputabili al meccanismo d'azione del farmaco o a una sua tossicità intrinseca. Con la tiagabina sono stati riportati rari casi di difetti del campo visivo, non di tipo concentrico.
Interazioni
La tiagabina riduce i livelli sierici di valproato ma tale riduzione è di modesta entità e non clinicamente significativa. Non induce gli enzimi epatici e non modifica i parametri farmacocinetici degli altri antiepilettici né di farmaci come cimetidina, warfarin, digossina, teofillina e contraccettivi orali. Non dà luogo ad interazioni farmacodinamiche con alcool o triazolam.
Farmaci induttori enzimatici come fenitoina, carbamazepina e fenobarbitale accelerano invece il metabolismo della tiagabina riducendone l’emivita.
Dosaggio e modalità di somministrazione
La dose iniziale raccomandata dalla ditta produttrice è di 7,5-15 mg al giorno in tre somministrazioni durante i pasti, seguita da incrementi settimanali di 5-15 mg. La dose di mantenimento in pazienti che assumono farmaci induttori enzimatici è di 30-50 mg al giorno. Nei pazienti non trattati con farmaci induttori enzimatici la dose di mantenimento deve essere inizialmente ridotta a 15-30 mg/die.
Costo
Un mese di trattamento con tiagabina al dosaggio di 45 mg al giorno è di 174,11 euro. Un analogo trattamento con vigabatrina (Sabril, 3 g/die) ha un costo di 140,04 euro, con lamotrigina (Lamictal, 400 mg/die) di 172,96 euro, con gabapentina (Aclonium, Neurontin, 1,8 g/die) di 151,49 euro.
Bibliografia
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Data di redazione 04/2003